Etichette “verdi” sotto accusa: il caso tedesco che smaschera il greenwashing nei prodotti alimentari e per l’infanzia

Sempre più prodotti in commercio si presentano con etichette e messaggi che puntano sull’“eco”, il “biologico” o la “sostenibilità”. Ma quanto possiamo fidarci di queste dichiarazioni? Recenti controlli in Germania hanno messo in luce una realtà preoccupante: molte di queste affermazioni sono ingannevoli, e nascondono vere e proprie pratiche di greenwashing.

Tra i casi più emblematici, cioccolato avvolto in confezioni pubblicizzate come “compostabili” ma che, nei fatti, contengono plastiche non biodegradabili e vietate dalla normativa europea. Oppure stoviglie per bambini spacciate per “bambù”, ma realizzate con materiali nocivi come la melammina, vietata dal 2020. E ancora, piatti, cannucce e tovaglie di carta con etichette “eco-friendly” che nascondono colle sintetiche e trattamenti chimici.

La Germania ha fatto chiarezza con rigorosi test, arrivando a condannare queste pratiche come ingannevoli, ma in Europa la battaglia contro il greenwashing è ancora aperta. La nuova direttiva UE del 2024 vuole porre fine a queste truffe ambientali, ma entrerà pienamente in vigore solo nel 2026, lasciando spazio ancora a molta confusione.

“Anche in Italia è urgente intensificare i controlli e promuovere la consapevolezza dei consumatori – sottolinea l’Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi –. La sostenibilità non può ridursi a slogan o etichette vuote: serve trasparenza, informazioni chiare e verificate. Solo così si potrà davvero premiare chi rispetta l’ambiente e tutelare chi acquista con fiducia.”

Invitiamo i cittadini a leggere con attenzione le etichette, a diffidare delle promesse troppo generiche e a rivolgersi ad associazioni di tutela in caso di dubbi o sospetti di pratiche ingannevoli.

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